Da fonti storiche risulta che la prepositura dei canonici regolari di Santa Maria di Crescenzago fu fondata nell’anno 1140 circa, al tempo dell’arcivescovo di Milano Robaldo (1136-1146), sul luogo di una precedente cappella dedicata alla Vergine Maria, nell’ambito della Pieve di Segrate, una delle circoscrizioni ecclesiastiche nelle quali si presentava frazionata la Diocesi di Milano nel XII secolo.
Si costituì, per ordine dell’Arcivescovo, una Canonica, così denominata perché i Sacerdoti che l’abitavano conducevano vita comune, sotto la guida di un Preposto (non Abate perché non si trattava di Monaci, ma di preti sotto la giurisdizione del Vescovo). Presero dimora presso l’antica chiesa presto sostituita da una nuova costruzione che, nelle linee fondamentali, è giunta fino ai nostri giorni. La comunità dei canonici, che si ispiravano alla regola di Sant’Agostino, si insediò accanto a questa chiesetta, risalente al IX o X secolo, dedicata alla Vergine; di essa sono apparse tracce poco significative durante i lavori di restauro per la rimozione del pavimento agli inizi del XX secolo. Tuttavia alcune strutture murarie, ancora visibili all’interno della chiesa, ne dimostrano l’esistenza, affermata da una lapide fatta porre nel 1922, che la fa risalire all’anno 933. La costruzione della nuova chiesa, più volte rimaneggiata e oggetto di arbitrari interventi di restauro, si data alla fine del XII secolo in seguito, appunto, all’istituzione della canonica. Il più antico documento che si conosce, dopo la sua fondazione, risale alla donazione del 1143 cui segue un testamento del 1152.
Soltanto due anni dopo il nuovo arcivescovo di Milano, Oberto da Pirovano (1146-1166), prese sotto la sua protezione i canonici e a essi concesse donazioni e privilegi. Questi poterono così estendere i loro domini in Lombardia e possedere terre, come a Cunico nella pieve di Rosate, a sud-ovest di Milano, a causa delle quali nacque una grave vertenza intorno alle decime tra il preposto di Rosate e i canonici di Crescenzago, terminata nell’ottobre dell’anno 1182 per intervento di papa Lucio III. Papa Lucio III (1181-1185), monaco cistercense, ebbe grande rispetto per la vita di santità praticata dai canonici di Crescenzago; proclamò infatti Beato Albino De Grassi, canonico in Santa Maria Rossa e precedentemente investito della porpora cardinalizia. Ben presto da questa comunità, la prima in ordine di tempo a Milano, ebbero origine altre per filiazione, che si riunirono nella “Congregazione di Santa Maria di Crescenzago”. Ricordiamo, fra queste, la fondazione della chiesa di San Giorgio di Bernate Ticino, voluta nel 1186 da papa Urbano III. Sotto il governo del primo preposto Ottone fu stabilita la regola del Monastero di Crescenzago e delle altre canoniche a esso soggette, approvata in data 10 luglio 1197 dall’arcivescovo di Milano Filippo Lampugnani. Inoltre l’appoggio di Urbano III e l’elezione a cardinale, nonché la beatificazione di due suoi membri, Albino e Tommaso, testimoniano l’importanza e il prestigio raggiunti dalla Congregazione.
Nel 1250 un certo frate domenicano, Stefano Spagnolo, penitenziere del Papa e visitatore apostolico in Lombardia, giunse a Crescenzago per ordinarvi la riforma del chiostro e la costruzione di un ospedale per i poveri infermi, secondo il volere di papa Innocenzo IV. Nel 1251 lo stesso pontefice, diretto da Milano a Trezzo, pernottò nel monastero. Sul finire del secolo XIII, nelle lotte fra Torriani e Visconti per il possesso del Milanese concluse con la battaglia di Legnano, Crescenzago fu spesso accampamento di milizie e rifugio di esuli da Milano.

Un’ipotesi dell’ambientazione originale
Lapide posta all’interno della chiesa

Nel 1322 Matteo Visconti, signore di Milano, in seguito a scomunica riparò esule nella canonica di Santa Maria Rossa, vi morì pentito e qui trovò cristiana sepoltura. In seguito i canonici lateranensi edificarono a Casoretto, nel 1400, un’altra canonica con annessa una chiesa dedicata a Santa Maria che, per distinguerla da quella di Crescenzago, chiamarono “bianca”, mentre quella di Crescenzago, in seguito, come appare dai documenti, venne chiamata “rossa”. Nell’anno 1420 s’incominciò l’edificazione di una terza canonica, ancora sotto l’invocazione di Santa Maria, che si disse “nera” e che venne detta di Loreto; infine nel 1480 edificarono Santa Maria della Passione con l’annessa canonica.
Non è noto quando la canonica di Crescenzago passò in “commenda” (beneficio ecclesiastico affidato a un abate commendatario che ne godeva la rendita, senza però poter esercitare alcuna autorità sulla disciplina monastica interna), ma è probabile, come avvenne per altri monasteri nel Milanese, che ciò seguisse la metà del XV secolo. Nel 1502 era preposto commendatario Federico Sanseverino, cardinale diacono del titolo di San Teodoro. Il prestigio della chiesa di Crescenzago è testimoniato anche dalla commissione di sei preziosi Corali fra il 1487 e il 1491, ora conservati presso l’Archivio e Biblioteca del Capitolo di S. Ambrogio. L’ultimo commendatore fu, nel 1738, il conte Carlo Perlas de Villana, cavaliere Gerosolimitano.
Nel 1772 il cardinale Pozzobonelli, presi accordi con Clemente XIV e l’imperatrice d’Austria Maria Teresa, soppresse la canonica di Santa Maria di Crescenzago che divenne semplice parrocchia. Una lapide ora non più visibile, posta in occasione dei restauri effettuati negli anni Venti da don Giuseppe Roncoroni, ricordava i Parroci che da allora hanno retto la Parrocchia.
Dall’anno 1774 ai giorni nostri si sono succeduti:
Don Francesco Casati 1774 – 1815
Don Giuseppe Spreafico 1815 – 1825
Don Giuseppe Mauri 1825 – 1856
Don Giovanni Riboldi 1856 – 1879
Don Carlo Parapini 1880 – 1918
Don Giuseppe Roncoroni 1919 – 1959
Don Pio Caremoli 1959
Don Filippo Salvioni 1959 – 1991
Don Giuseppe Minetti 1991
Don Arnaldo Martinelli 1992 – 2007
Don Franco Amati dal 2007, attuale Parroco.


Sotto il pavimento della chiesa si trovava certamente il luogo di sepoltura dei defunti, come documentano le lapidi ivi poste. Sulla navata di destra si trova un vano che ha forma e dimensioni di un sarcofago ed è collocato sotto l’attuale livello del pavimento della chiesa; e nella parte inferiore sinistra dell’abside un’urna, che si trova in una nicchia, contiene dei resti di sepoltura. Probabilmente esistevano anche cavità sotterranee accessibili ed estese a tutto il perimetro della chiesa. La tradizione orale accenna addirittura ad ambulacri che conducevano verso l’esterno, connettendo l’abbazia con qualche rifugio sicuro.

Lapide che indica il luogo di sepoltura dei defunti
Nicchia con urna contenente resti di sepoltura
Lapide che attesta l’esistenza di vaste cavità sotterranee
Vano che si pensa nascondesse un sarcofago